Come presidente di un’associazione dedicata a sostenere i bisogni e le preoccupazioni delle fasce più deboli della società, mi sta particolarmente a cuore il tema dell’assistenza. Sottolineo che non intendo parlare di psicologia della famiglia, un tema che lascio ai professionisti, ma solo vorrei evidenziare gli aspetti significativi del vivere assieme ad un disabile.

Personalmente ho provato entrambe le posizioni: prima come assistente dei miei genitori anziani e malati e adesso come invalida assistita da una persona. La prima domanda che mi sono chiesta come assistente: la mia emotività e il mio amore quanto possono influire sulla disponibilità a prendermi cura di un mio caro? Forse la risposta potrà sembrare logica: se amo i miei genitori, mio fratello o mio marito è scontato che li assista nel miglior modo possibile.
In parte è vero, il nostro amore e il senso del dovere ci spingono a superare ogni nostro limite, ma non sempre facciamo i conti con le nostre effettive potenzialità fisiche e psichiche.
L’amore è un potente carburante, ci consente di scoprire dentro di noi una forza inaspettata, una resistenza che, a volte, non pare nemmeno nel nostro potere umano.
Nelle situazioni di emergenza tiriamo fuori energie insospettabili, ci sentiamo invincibili e, in un certo senso lo siamo, ma proprio in questi momenti rischiamo di scordarci di noi stessi, dei nostri limiti fisici e delle nostre fragilità.
I risultati di questo dedicarci, anima e corpo, al nostro caro potrebbero influire sulla nostra salute. Per questo, dovremmo cercare sempre dei momenti di rilassamento e ristoro, dovremmo mantenere la consapevolezza delle nostre umane esigenze.
Essere presenti nel ruolo di assistente ci consente di vivere intensamente il sentimento di dedizione e rispetto, ma solo se non superiamo la soglia della naturale stanchezza. Quando la superiamo entriamo nello spazio dello sforzo fisico ed emotivo, una dimensione tendenzialmente dolorosa per noi stessi e di conseguenza anche per il nostro assistito.
Sicuramente, hanno grande importanza i tempi di resistenza individuali, ma nessuno di noi è in grado di sostenere ritmi pesanti per lunghi periodi, o sforzi al di sopra della proprie capacità, per questo non dobbiamo mai dimenticare il nostro benessere e di rispettare i nostri limiti.
Molte volte è più importante una presenza più breve, ma di qualità superiore, in modo che la nostra vicinanza sia un ristoro per il nostro caro.

Avvalersi di un aiuto non vuol dire che non siamo abbastanza bravi o amorevoli, ma è un supporto per avere una qualità di assistenza migliore. Accettare di venire aiutati è una forma di amore verso noi stessi, sentirci supportati aggiunge forza alla nostra volontà e autostima.
Osservando il tutto dalla parte dell’invalido assistito, del disabile che abbisogna di aiuto, del malato …insomma di colui che non è autosufficiente, ha una grandissima importanza la qualità delle cure che si ricevono.
Dipendere da una persona amorevole e disponibile, non è doloroso come “temere di disturbare” un individuo che si sta violentando per riuscire a dare il suo servizio.
Può sembrare una visione cruda, ma un malato, o un disabile, è particolarmente sensibile alle energie che lo circondano. Il tempo e le piccole cose sono molto importanti per una persona sofferente o bisognosa di aiuto.
Un altro aspetto da non dimenticare è che la persona invalida non è incapace di decidere e scegliere, quindi l’assistente ha il dovere di chiedere e permettere alla persona fragile di esprimere cosa preferisce.
Avere necessità di aiuto non rende incapaci di gioire o di provare sentimenti, anzi, aumenta la sensibilità e la voglia di cose belle.

Segui sempre la regola delle 3 “R”: