Nel film Robot & Frank, ambientato in una cittadina statunitense del 2030, l’assistenza alle persone è affidata a dei simpatici robot umanoidi.
I protagonisti della bella storia d’amicizia sono Frank, un pensionato malato di Alzheimer, e Robot, un umanoide senza volto. L’anziano viene affidato dai suoi famigliari all’assistenza domiciliare dal momento che non possono occuparsi costantemente di lui e poiché egli rifiuta di essere parcheggiato in un ospizio.

Il film affronta un tema ostico: l’assistenza alle persone con problematiche speciali. In Italia le statistiche prevedono -per i prossimi decenni- un invecchiamento consistente della popolazione specialmente di single e di coppie senza figli. Insomma, un vero problema sociale a cui pochissimi politici hanno dedicato attenzione nelle loro campagne elettorali e prospettato adeguate misure per supplire all’insufficiente e spesso inaccessibile offerta di assistenza nelle RSA.
Benché il titolo possa suonare deprimente, in realtà, il film è divertente, poiché riesce racconta felicemente in chiave ironica il disagio di molti anziani abbandonati a se stessi, strappando più di una risata convinta, come se il tema non ci potesse mai riguardare. E’ una delicata apologia, dolce amara, della memoria, interpretata in modo magistrale dall’attore protagonista Frank Langella assieme alla meravigliosa Susan Sarandon. Già dalle prime scene, pur essendo fuori legge, il nostro riesce, teneramente, a conquistare anche lo spettatore più intransigente.

Il regista, Jake Schreier, in 85 minuti ci proietta in un futuro credibile, piuttosto simile al nostro presente, tempestato di vari ausili smart grazie alla tecnologia Internet delle cose (Internet of things) e all‘ingegneria meccatronica, ma con la differenza che i robot fanno parte ormai del quotidiano, vuoi come collaboratori domestici o come badanti di persone anziane.
Frank è un attempato atletico ma notevolmente smemorato e con una vita vissuta ai limiti della legge: qualche anno trascorso in galera per furti alla Robin Hood, a persone ricche, due figli trascurati e una moglie abbandonata per inseguire sogni e libertà. La sua demenza comincia a interferire in modo preoccupante nella sua vita, fino a portargli vuoti di memoria e perdita di lucidità. Uno dei figli, pertanto, decide di regalargli un robot che si occupi di lui h24. Inizialmente Frank lo vive come un’ingerenza nella propria autonomia, non sopporta di essere accompagnato ovunque dall’umanoide inespressivo, anche alla biblioteca dove Frank corteggia una simpatica bibliotecaria.
Pian piano inizia una sfida dialettica e una “conoscenza” reciproca che li porta ad una simbiosi conflittuale divertentissima, ma anche affettuosa, visto che il robot è programmato per prendersi cura di Frank con tatto e delicatezza e Frank trova nel piccolo umanoide un interlocutore che lo fa tornare al passato, alle sue avventure, al desiderio di riprenderle usufruendo delle capacità tecniche del robot – come per esempio individuare la combinazione di una cassaforte in pochissimi minuti. E quando ad una cena di beneficenza incontrano un ricco arrogante, che a Frank sembra essere sul punto di truffare la biblioteca cittadina e quindi la sua amica, decide di tornare in scena progettando un furto nella cassaforte del magnate. Un’ultima avventura, un’ultima emozione, un’ultima azione per chi è nella fase finale della via può essere ciò che fa la differenza fra lasciarsi morire ed avere voglia di vivere, quel progetto, quello scopo che da troppo tempo manca, perché la società non concede spazi agli anziani e perché la famiglia non sempre può bastare – quando la figlia di Frank, la ancor deliziosa Liv Tyler, si trasferisce da lui per prendersene cura non riesce a trovare la modalità giusta e finisce con l’infastidirlo con le sue premure. Il film di Schreier ha il pregio di essere aderente alle problematiche degli anziani senza tacere le difficoltà e la sofferenza che il decadimento mentale provoca a chi lo sperimenta in prima persona – la scena in sottofinale nella biblioteca è un perfetto esempio di dramma familiare che tocca nel profondo – ma ha anche i toni leggeri della commedia statunitense Buddy Buddy e poco conta che uno dei due amici sia un robot, la coppia cinematograficamente funziona e Frank Langella regala la sua fisicità e il suo sguardo ironico ad un personaggio tenero e combattivo, fragile e spericolato, costruendo un anziano, paradigma di tutti gli anziani, cui basta la scintilla di un desiderio o di un interesse per tornare a partecipare a quella vita di cui solo un piccolo robot bianco sembra capirne il valore.

Per concludere, anche in questa storia, come in tutte le situazioni reali, si possono scorgere aspetti negativi e positivi. L’importante è che il bilancio finale sia a favore di quelli positivi, come per esempio poter contare sull’efficienza di un robot per tutte le faccende quotidiane rognose e insostenibili per un anziano diventano e quindi poter sempre contare sulla pazienza infinita e amabile, difficilmente riscontrabile  gratuitamente da un proprio stretto famigliare e men che meno da uno straniero che si improvvisa badante, poiché è un lavoro che a torto viene ritenuto accessibile senza avere competenze specifiche: culturali e ne intellettuali.

Per noi di MAP suggerire la riflessione sul tema dell’importanza dell’assistenza adeguata è già un discreto traguardo.

Per chi non avesse visto il film anticipiamo il trailer

https://youtu.be/q4y8YAMPFhk

Buona visione!