Ricordiamo che è stata approvata lo scorso 27 dicembre 2017, la L. n°205, relativa al Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. Probabilmente non si tratta di un grande sostegno finanziario alle famiglie, ma in tempi di austerità tutto aiuta.

I commi 254, 255 e 256 istituiscono un Fondo pubblico per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver famigliare. Si tratta di venti milioni di euro per il triennio 2018-20, per coprire i costi di interventi a livello legislativo atti al “riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare”.

Chi è il caregiver famigliare?

La figura del caregiver familiare è definita nel comma 255 della L. di Bilancio. E’ “la persona che assiste e si prende cura quotidianamente (h 24 in modo: diretto o indiretto) e gratuitamente di un proprio caro: coniuge, partner in regime di unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente, di un parente entro il secondo grado o terzo grado che, a causa di malattia, infermità̀ o disabilità, anche cronica o degenerativa, non sia autosufficiente e pertanto non in grado di prendersi cura di sé” e necessita di assistenza globale “di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104” o chi è “titolare di indennità̀ di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”.

Il tema dei caregiver è stato oggetto di ben tre progetti di legge (il n°2048 Misure in favore di persone che forniscono assistenza a parenti o affini anziani; il n°2128 Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare e il n°2266 Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare), alla fine culminati in un unico testo, giudicato deludente dai diretti interessati, ovvero dai familiari di parenti con disabilità.

Secondo i dati ISTAT oggi sono circa 3,3 milioni i caregiver nel nostro Paese e l’8,4% si prende cura di adulti con disabilità.

Chi e come può richiedere l’assegno di 1900€?

L’assistenza da parte del caregiver si intende fornita per 24 ore su 24 (h 24) in modo diretto, cioè prestando le cure alle quali l’assistito non è in grado di provvedere da solo, oppure in modo indiretto, occupandosi di questioni amministrative o intervenendo in aiuto del disabile in caso di pericolo.

Ai fini della definizione dell’importo dell’assegno vengono prese in considerazione la patologia invalidante dell’assistito, il reddito ISEE, la residenza e l’appartenenza dell’assistito al nucleo familiare di chi richiede l’assegno per l’assistenza.

Possono richiedere l’assegno annuo, per un totale di 1900€ (circa 158 €/mese), le persone che, secondo quanto stabilito dalla legge istitutiva del Fondo Cargiver, assistono:

  • il coniuge;
  • il convivente di fatto o la parte dell’unione civile, definite secondo la legge n. 76 del 20 maggio 2016 tra persone dello stesso sesso;
  • un familiare entro il secondo grado di parentela;
  • un familiare entro il terzo grado di parentela nel caso in cui questi sia riconosciuto invalido e non autosufficiente secondo i dettami della Legge 104.

Procedura

Innanzitutto, è necessario ottenere il riconoscimento dei requisiti sanitari per l’invalidità, richiedendo al proprio medico curante di redigere un certificato nel quale deve attestare che il paziente possiede una determinata percentuale di riduzione della capacità lavorativa. Successivamente, per ottenere l’accompagnamento, dovrà essere riconosciuto invalido, al 100%. Inoltre, per il diritto all’accompagnamento, il medico deve anche scrivere, nel certificato, che il disabile è, alternativamente:

  • impossibilitato a deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore (per ottenere l’assegno di accompagnamento);
  • impossibilitato a compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza (per l’assegno di accompagnamento).
  • Il medico, se riscontra ulteriori patologie, può comunque scrivere nel certificato che il disabile è anche:
  • affetto da malattia neoplastica (tumore);
  • affetto da patologia in situazione di gravità;
  • affetto da patologia di competenza ANFFAS (disabilità intellettiva o relazionale).

Inoltre,  nella domanda è necessario specificare  una o più delle seguenti condizioni:

  • handicap;
  • invalidità;
  • cecità;
  • sordità;
  • disabilità.

Una volta trasmesso il certificato all’INPS in via telematica, il medico deve rilasciare un’attestazione, con il numero di protocollo assegnato dal sistema. Bisogna conservare il documento ed il numero, servirà per inviare all’INPS la domanda di riconoscimento dei requisiti sanitari per l’assegno di accompagnamento. L’invio della domanda all’INPS richiede il possesso del codice PIN o dell’identità unica SPID, almeno di secondo livello, o della carta nazionale dei servizi sanitari.

È possibile richiedere il PIN direttamente dal sito web dell’Inps: metà del codice arriverà subito, l’altra metà per posta. Altra opzione, più veloce presso una sede INPS: richiedere allo sportello presentando la carta d’identità e codice fiscale.
Se non si è pratici con le procedure online, si può comunque inviare la domanda attraverso un patronato: in questo caso sarà il patronato a inviare l’istanza e non si avrà bisogno di altro.

Una volta in possesso del codice PIN o delle differenti credenziali, si deve:

  • accedere al sito web dell’Inps;
  • cliccare su “Accesso ai servizi”, “Servizi per il cittadino”; bisogna indicare come username il proprio codice fiscale e il codice PIN di 16 cifre assegnato (che sarà cambiato, al primo accesso, in un codice di 8 cifre);
  • a questo punto, si deve entrare nella sezione “Servizi per il cittadino”, nella quale appare un lungo elenco di funzioni a cui accedere: è necessario selezionare ”Invalidità civile: invio domanda di riconoscimento dei requisiti sanitari”;

La domanda vale per tutte le prestazioni richieste, sia per l’invalidità che per l’indennità di accompagnamento.

Lo stesso procedimento va utilizzato non solo per la domanda di riconoscimento dei requisiti sanitari per le prestazioni connesse al tipo di invalidità, ma anche per quella di aggravamento dei requisiti.

L’interessato deve poi presentarsi all’appuntamento, davanti alla commissione medica, perché siano effettuati gli accertamenti sanitari. La commissione medica è detta Cmi, commissione medica integrata: si tratta della commissione medica locale ASL integrata da un medico dell’INPS.

Una volta effettuata la visita medica da parte della commissione, questa si conclude con un verbale, nel quale possono essere riconosciute o meno la condizione d’invalidità, di handicap, ulteriori condizioni ed i correlati benefici. In particolare, per il diritto all’assegno di accompagnamento, è necessario che nel verbale sia presente una delle seguenti diciture:

  • persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
  • persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

In caso di mancato accoglimento delle richieste, è possibile ricorrere al tribunale, dopo essersi sottoposti a un accertamento tecnico preventivo. È importante sapere che è possibile farsi assistere, durante la visita, da un medico di fiducia, che può anche non essere il medico curante.

Fonte: dott.ssa Noemi Secci

Le proposte di MAP per i suoi associati

A marzo la nostra associazione lancerà un corso dedicato alla formazione di questa preziosa figura sociale il cui futuro sarà roseo, dal momento che la speranza di vita è in aumento.
Se desideri ricevere informazioni riguardo le nostre future iniziative in tema di caregiver, allora compila il seguente formulario:

Raggiunto il numero minimo di pre-iscrizioni sarai contattato dal nostro webmaster, affinché tu possa formalizzare l’iscrizione mediante il pagamento.